2 luglio 2007: LA CASCATA DEL TORRENTE MONIA E IL "MULINO D'ARIOLA"
Ebbene si, nonostante la massacrante gita del giorno prima alla cascata di Farfarà, il lunedì proviamo qualcosa di meno impegnativo, ma senza avere un'idea precisa di cosa ci aspetta. Sempre presenti Giovanela e Matteo (stavolta solo lui nostra guida) a cui si aggiunge Simone, che ha il pomeriggio libero grazie alla Madonna del Popolo di Pontremoli.
Ritrovo sempre alle due in piazza a Filattiera. Stavolta partiamo abbastanza in orario, direzione Irola, posta tra i comuni di Filattiera e Villafranca. Appena usciti dal ponte di Filattiera infatti, dopo il rettilineo lungo la SS62 della Cisa, conosciuto anche come "Il Giarone", giriamo a sinistra seguendo i cartelli di Mocrone e Bagnone e ancora subito a sinistra per Irola. Cominciamo a salire e dopo poco, davanti alla Coaf, entriamo in una strada con divieto di accesso per i non addetti (ma noi siamo sempre addetti e poi è un lunedì festivo). Il panorama è da regolamento di conti, attrezzi da lavoro, sterpaglie, sole a picco. Parcheggiamo e scendiamo con difficoltà verso il torrente. Si vede che ci piacciono le cose difficili, facciamo fatica a fare pochi metri, senza nessuna strada. (Anche in questo caso, solo alla fine, mi verrà detto "Saremmo potuti anche passare dove fanno mountain bike, appena dop aver girato a sinistra per Irola...").
Ma eccoci finalmente nel torrente Mónia (pronunciato con O chiusa), che divide i due comuni, in passato causa di annosi scontri tra le due popolazioni per le sue acque e i suoi mulini. Al suo incontro con il Magra poi, esisteva nel Medioevo l'ospedale di Santa Lucia di Selva Donnica, oggi scomparso. Insomma, non solo natura. Si procede con calma, all'inizio il letto del torrente si restringe e l'acqua si fa subito alta, ricordandoci poco poco gli stretti di Giaredo, poi si allarga tra diverse formazioni rocciose, suggestive, anche se meno di quelle del torrente Serra. Siccome qualcosa deve sempre succedere, Simone perde una lente degli occhiali, per un po' continua senza vederci, finchè Matteo non gli risolve la situazione con uno spago. Il Monia non è comunque monotono e tra cascatelle e rocce ci raccontiamo un po' della Via Francigena, nostra prossima impresa (non so quando, ma la prossima), dei bei posti sconosciuti della Lunigiana, della storia di questa zona. Qua almeno non ci possiamo sbagliare e continuiamo la risalita. Da un picolissimo canale sulla destra scende un filo d'acqua in una grossa pozza, davvero teatrale; ci imbattiamo anche in una biscia d'acqua e in un grande esemplare morto. Ogni tanto il torrente si restringe e il livello dell'acqua sale, dobbiamo passare a nuoto o ai lati. Saliamo ancora e dopo circa un'ora, finalmente la cascata. Ogni volta che vedo qualcosa di nuovo dalle nostre parti mi sorprendo di sorprendermi. Tre fili d'acqua cadono da una decina di metri e più, ma ciò che è fantastico è la vegetazione che è cresciuta appena dietro il getto d'acqua, che ci fa ricordare, con le dovute proporzioni, una cacata della selva amazzonica (addirittura!). L'acqua poi è gradevole e ci si sta proprio bene dentro. Si sprecano le foto e anche Matteo e Simone, unu po' reticenti si lanciano.
Ma non è finita qui. Appena a destra si trovano i ruderi del mulino d'Ariola (Irola in dialetto). Qua ci sentiamo proprio Indiana Jones, avventura e archeologia industriale. Saliamo le scale di sasso e ispezioniamo per bene il mulino. Ci sono ancora le macine, quasi sopraffatte dal muschio, parti di pale di legno e diverse abitazioni. Ci chiediamo quale sarà stato il funzionamento, da dove arrivava l'acqua e come muoveva il tutto. Da quanto sarà in queste condizioni? Facilmente non ci si arriva proprio...
Infatti per tornare indietro non torniamo sui nostri passi e scendiamo il canale. Siamo sempre alla ricerca di nuove emozioni... Dopo un centinaio di metri di discesa, sulla sinistra si apre un campo per l'allevamento di cani. Seguiamo Matteo, il nostro segugio per un sentiero invisibile, forse percorso dai cinghiali, che ci porta con belle pendenze fino alla strada per Gigliana. Bivio dopo bivio arriviamo ad un'ampia sterrata, giriamo a sinistra e ci godiamo il panorama della valle, con Irola di Sotto e la sua imponente casa torre lì davanti. Arrivati sulla strada asfaltata, ci facciamo i cinque km che dividono Gigliana e Filattiera, e quindi torniamo a prendere la macchina a Irola.
Per chi volesse fare questo percorso, dopo aver girato a sinistra per Mocrone e subito ancora per Irola, dopo poco, girare ancora sinistra su un ponticello di legno e parcheggiare. Scendere nel torrente e iniziare la risalita. Il ritorno è da fare scendendo il torrente. Ogni altra strada è sconsigliata senza qualcuno del luogo, ci si perde sicuro.
Ebbene si, nonostante la massacrante gita del giorno prima alla cascata di Farfarà, il lunedì proviamo qualcosa di meno impegnativo, ma senza avere un'idea precisa di cosa ci aspetta. Sempre presenti Giovanela e Matteo (stavolta solo lui nostra guida) a cui si aggiunge Simone, che ha il pomeriggio libero grazie alla Madonna del Popolo di Pontremoli.
Ritrovo sempre alle due in piazza a Filattiera. Stavolta partiamo abbastanza in orario, direzione Irola, posta tra i comuni di Filattiera e Villafranca. Appena usciti dal ponte di Filattiera infatti, dopo il rettilineo lungo la SS62 della Cisa, conosciuto anche come "Il Giarone", giriamo a sinistra seguendo i cartelli di Mocrone e Bagnone e ancora subito a sinistra per Irola. Cominciamo a salire e dopo poco, davanti alla Coaf, entriamo in una strada con divieto di accesso per i non addetti (ma noi siamo sempre addetti e poi è un lunedì festivo). Il panorama è da regolamento di conti, attrezzi da lavoro, sterpaglie, sole a picco. Parcheggiamo e scendiamo con difficoltà verso il torrente. Si vede che ci piacciono le cose difficili, facciamo fatica a fare pochi metri, senza nessuna strada. (Anche in questo caso, solo alla fine, mi verrà detto "Saremmo potuti anche passare dove fanno mountain bike, appena dop aver girato a sinistra per Irola...").
Ma eccoci finalmente nel torrente Mónia (pronunciato con O chiusa), che divide i due comuni, in passato causa di annosi scontri tra le due popolazioni per le sue acque e i suoi mulini. Al suo incontro con il Magra poi, esisteva nel Medioevo l'ospedale di Santa Lucia di Selva Donnica, oggi scomparso. Insomma, non solo natura. Si procede con calma, all'inizio il letto del torrente si restringe e l'acqua si fa subito alta, ricordandoci poco poco gli stretti di Giaredo, poi si allarga tra diverse formazioni rocciose, suggestive, anche se meno di quelle del torrente Serra. Siccome qualcosa deve sempre succedere, Simone perde una lente degli occhiali, per un po' continua senza vederci, finchè Matteo non gli risolve la situazione con uno spago. Il Monia non è comunque monotono e tra cascatelle e rocce ci raccontiamo un po' della Via Francigena, nostra prossima impresa (non so quando, ma la prossima), dei bei posti sconosciuti della Lunigiana, della storia di questa zona. Qua almeno non ci possiamo sbagliare e continuiamo la risalita. Da un picolissimo canale sulla destra scende un filo d'acqua in una grossa pozza, davvero teatrale; ci imbattiamo anche in una biscia d'acqua e in un grande esemplare morto. Ogni tanto il torrente si restringe e il livello dell'acqua sale, dobbiamo passare a nuoto o ai lati. Saliamo ancora e dopo circa un'ora, finalmente la cascata. Ogni volta che vedo qualcosa di nuovo dalle nostre parti mi sorprendo di sorprendermi. Tre fili d'acqua cadono da una decina di metri e più, ma ciò che è fantastico è la vegetazione che è cresciuta appena dietro il getto d'acqua, che ci fa ricordare, con le dovute proporzioni, una cacata della selva amazzonica (addirittura!). L'acqua poi è gradevole e ci si sta proprio bene dentro. Si sprecano le foto e anche Matteo e Simone, unu po' reticenti si lanciano.
Ma non è finita qui. Appena a destra si trovano i ruderi del mulino d'Ariola (Irola in dialetto). Qua ci sentiamo proprio Indiana Jones, avventura e archeologia industriale. Saliamo le scale di sasso e ispezioniamo per bene il mulino. Ci sono ancora le macine, quasi sopraffatte dal muschio, parti di pale di legno e diverse abitazioni. Ci chiediamo quale sarà stato il funzionamento, da dove arrivava l'acqua e come muoveva il tutto. Da quanto sarà in queste condizioni? Facilmente non ci si arriva proprio...
Infatti per tornare indietro non torniamo sui nostri passi e scendiamo il canale. Siamo sempre alla ricerca di nuove emozioni... Dopo un centinaio di metri di discesa, sulla sinistra si apre un campo per l'allevamento di cani. Seguiamo Matteo, il nostro segugio per un sentiero invisibile, forse percorso dai cinghiali, che ci porta con belle pendenze fino alla strada per Gigliana. Bivio dopo bivio arriviamo ad un'ampia sterrata, giriamo a sinistra e ci godiamo il panorama della valle, con Irola di Sotto e la sua imponente casa torre lì davanti. Arrivati sulla strada asfaltata, ci facciamo i cinque km che dividono Gigliana e Filattiera, e quindi torniamo a prendere la macchina a Irola.
Per chi volesse fare questo percorso, dopo aver girato a sinistra per Mocrone e subito ancora per Irola, dopo poco, girare ancora sinistra su un ponticello di legno e parcheggiare. Scendere nel torrente e iniziare la risalita. Il ritorno è da fare scendendo il torrente. Ogni altra strada è sconsigliata senza qualcuno del luogo, ci si perde sicuro.
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